Doxorubicina Teva

    Ultimo aggiornamento: 31/12/2023

    Cos'è Doxorubicina Teva?

    Doxorubicina Teva è un farmaco a base del principio attivo Doxorubicina Cloridrato, appartenente alla categoria degli Antineoplastici antibiotici citotossici e nello specifico Antracicline e sostanze correlate. E' commercializzato in Italia dall'azienda Teva Italia S.r.l. - Sede legale.

    Doxorubicina Teva può essere prescritto con Ricetta OSP - medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in struttura ad esso assimilabile.


    Confezioni

    Doxorubicina Teva 2 mg/ml concentrato per soluz. per infusione 1 flac. 10 mg/5 ml
    Doxorubicina Teva 2 mg/ml concentrato per soluz. per infusione 1 flac. 50 mg/25 ml

    Informazioni commerciali sulla prescrizione

    Titolare: Teva Italia S.r.l. - Sede legale
    Ricetta: OSP - medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in struttura ad esso assimilabile
    Classe: H
    Principio attivo: Doxorubicina Cloridrato
    Gruppo terapeutico: Antineoplastici antibiotici citotossici
    ATC: L01DB01 - Doxorubicina
    Forma farmaceutica: soluzione (uso interno)


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    Indicazioni

    Perché si usa Doxorubicina Teva? A cosa serve?
    Doxorubicina Teva è indicato per il trattamento di
    • Carcinoma mammario
    • Terapia neoadiuvante e adiuvante dell'osteosarcoma
    • Sarcoma dei tessuti molli avanzato nell'adulto
    • Carcinoma polmonare a piccole cellule
    • Linfoma di Hodgkin
    • Linfoma non-Hodgkin altamente maligno
    • Terapia di induzione e consolidamento nella leucemia linfatica acuta
    • Leucemia mieloblastica acuta
    • Mieloma multiplo avanzato
    • Carcinoma endometriale avanzato o ricorrente
    • Carcinoma tiroideo papillare/follicolare avanzato o recidivante
    • Carcinoma tiroideo anaplastico
    • Trattamento sistemico del carcinoma della vescica localmente avanzato o metastatizzato
    • Profilassi endovescicale delle ricorrenze del carcinoma superficiale della vescica successive alla resezione transuretrale
    • Carcinoma ovarico ricorrente
    • Tumore di Wilms (allo stadio II nelle varianti altamente maligne, a tutti gli stadi avanzati [III-IV])
    • Neuroblastoma avanzato
    La doxorubicina viene usata frequentemente nei regimi chemioterapici di associazione con altri medicinali citotossici.

    Posologia

    Come usare Doxorubicina Teva: Posologia
    La Doxorubicina Cloridrato può essere somministrata soltanto sotto la supervisione di un medico qualificato esperto nella terapia citotossica. Inoltre, i pazienti devono essere monitorati frequentemente e attentamente durante il trattamento.
    A causa del rischio di cardiomiopatia, spesso fatale, prima di ogni applicazione devono essere valutati i rischi e i benefici per il singolo paziente.
    Prima dell'inizio del trattamento, si consiglia di misurare la funzione epatica mediante esami convenzionali, quali AST, ALT, ALP e bilirubina, e di misurare la funzione renale (vedere paragrafo 4.4).
    Deve essere condotta un'analisi della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) mediante ecografia o cardioscintigrafia allo scopo di valutare le condizioni cardiache del paziente. Questo controllo deve essere effettuato prima dell'inizio del trattamento e dopo ogni dose cumulativa di 100 mg/m2 circa (vedere paragrafo 4.4).
    La somministrazione endovenosa (e.v.) di doxorubicina deve essere eseguita con estrema attenzione; è opportuno somministrare il farmaco mediante l'infusione di una soluzione fisiologica o di glucosio al 5% che scorra liberamente e.v. nell'arco di 3-5 minuti. Questo metodo riduce al minimo il rischio di sviluppo di trombosi e stravaso perivenoso, che determina grave cellulite, vescicazione e necrosi tissutale. La doxorubicina può essere somministrata per via endovenosa come bolo nell'arco di qualche minuto, come infusione breve nell'arco di un'ora al massimo oppure come infusione continua per un massimo di 96 ore. L'iniezione endovenosa diretta è sconsigliata a causa del rischio di stravaso, che può avvenire anche in presenza di un adeguato ritorno del sangue mediante aspirazione con ago.
    La doxorubicina non può essere somministrata per via intramuscolare, sottocutanea, orale o intratecale.
    Somministrazione endovenosa:
    La dose viene abitualmente calcolata in base all'area della superficie corporea (mg/m2). La posologia di somministrazione della doxorubicina può variare secondo l'indicazione (tumori solidi o leucemia acuta) e secondo l'uso nel regime terapeutico specifico (in monoterapia o in associazione ad altri agenti citotossici o come parte di procedure multidisciplinari che includono un'associazione di chemioterapia, procedura chirurgica, radioterapia e trattamento ormonale).
    Monoterapia
    La dose consigliata è di 60-75 mg/m2 di superficie corporea e.v. come dose singola o in dosi suddivise su 2-3 giorni consecutivi, con somministrazione endovenosa a intervalli di 21 giorni. La posologia e le dosi possono essere regolati in base al protocollo. Per informazioni precise sulla posologia, consultare i protocolli vigenti.
    Terapia di associazione
    Se doxorubicina cloridrato viene somministrata in associazione ad altri agenti citostatici, la dose deve essere ridotta a 30-60 mg/m2 ogni 3-4 settimane.
    Dose cumulativa massima
    Non deve essere superata la dose totale massima di 450-550 mg/m2 di superficie corporea (incluso l'utilizzo con farmaci correlati come la daunorubicina).
    I pazienti con cardiopatia concomitante sottoposti a irradiazione mediastinica e/o cardiaca, i pazienti trattati in precedenza con agenti alchilanti e i pazienti ad alto rischio (ossia i pazienti con ipertensione arteriosa per un periodo superiore ai 5 anni; con pregresso danno cardiaco coronarico, valvolare o miocardico o età superiore a 70 anni) non devono superare la dose totale massima di 400 mg/m2 di superficie corporea; la funzione cardiaca di questi pazienti deve essere monitorata (vedere paragrafo 4.4).
    Popolazioni speciali
    Pazienti immunosoppressi
    La dose deve essere ridotta in caso di immunosoppressione; una dose alternativa è di 15-20 mg/m2 di superficie corporea alla settimana.
    Pazienti con ridotta funzionalità epatica
    In caso di ridotta funzione epatica, la dose deve essere ridotta secondo lo schema seguente.
    Bilirubina sierica
    Dose consigliata
    20-50 μmol/l
    ½ dose normale
    > 50-85 μmol/l
    ¼ dose normale
    > 85 μmol/l
    interruzione del trattamento
    Pazienti con ridotta funzionale renale
    Nei pazienti con insufficienza renale (GFR inferiore a 10 ml/min.), deve essere somministrato soltanto il 75% della dose pianificata.
    Pazienti a rischio di insufficienza cardiaca
    Per i pazienti con rischio aumentato di cardiotossicità va preso in considerazione il trattamento con un'infusione continua di 24 ore di una singola dose, anziché un'iniezione. In questo modo, si può ridurre la frequenza della cardiotossicità, senza diminuire l'efficacia terapeutica. In questi pazienti, prima di ogni ciclo, deve essere misurata la frazione di eiezione.
    Pazienti con riserva limitata di midollo osseo non correlata al coinvolgimento del midollo osseo da parte della malattia
    Le dosi possono essere ridotte nei pazienti precedentemente trattati con agenti mielosoppressivi. La riserva di midollo osseo di questi pazienti può essere insufficiente.
    Anziani
    Le dosi possono essere ridotte nei pazienti anziani.
    Popolazione pediatrica
    A causa del concreto rischio di cardiotossicità indotta da doxorubicina nell'infanzia, devono essere applicate determinate dosi cumulative massime in base all'età dei pazienti. In genere, nei bambini (sotto i 12 anni di età) la dose cumulativa massima è calcolata in 300 mg/m2, mentre negli adolescenti (oltre i 12 anni di età) la dose cumulativa massima è fissata a 450 mg/m2. Per i neonati le dosi cumulative massime non sono state ancora definite, ma si presume una tollerabilità ulteriormente inferiore.
    Per i bambini la dose deve essere ridotta, in quanto presentano un maggiore rischio di cardiotossicità, soprattutto a distanza di tempo. Deve essere prevista la mielotossicità, con nadir 10-14 giorni dopo l'inizio del trattamento. Consultare i protocolli di trattamento vigenti e la letteratura specialistica.
    Pazienti obesi
    Una ridotta dose iniziale o un intervallo prolungato della dose potrebbero essere considerati in pazienti obesi (vedere paragrafo 4.4).
    Somministrazione endovescicale
    La doxorubicina cloridrato può essere somministrata mediante instillazione endovescicale per il trattamento del carcinoma superficiale della vescica e per prevenire la recidiva dopo la resezione transuretrale (T.U.R.). La dose consigliata per il trattamento endovescicale del carcinoma superficiale della vescica è di 30-50 mg in 25-50 ml di soluzione fisiologica per instillazione. La concentrazione ottimale è di circa 1 mg/ml. La soluzione deve restare nella vescica per 1-2 ore. Durante questo periodo, il paziente deve essere ruotato di 90° ogni 15 minuti. Per evitare la diluizione indesiderata con l'urina, il paziente deve essere informato del divieto di bere qualsiasi liquido nelle 12 ore precedenti all'instillazione (ciò riduce la produzione di urina a circa 50 ml/h). L'instillazione può essere ripetuta con un intervallo compreso tra 1 settimana e 1 mese, a seconda del tipo di trattamento, terapeutico o profilattico.
    Nota: la posologia di doxorubicina S-liposomiale e quella di doxorubicina (tradizionale) sono differenti. Le due formulazioni non sono intercambiabili.

    Controindicazioni

    Quando non dev'essere usato Doxorubicina Teva
    Ipersensibilità al principio attivo, ad altre antracicline o altri antracenedioni o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
    Controindicazioni per la somministrazione endovenosa
    • mielosoppressione persistente marcata e/o grave stomatite indotta da precedente trattamento citotossico e/o radiazioni (inclusi i pazienti ad alto rischio di emorragia)
    • infezione sistemica acuta
    • grave riduzione della funzionalità epatica
    • grave aritmia, ridotta funzionalità cardiaca, infarto miocardico acuto, pregresso infarto miocardico, cardiopatia infiammatoria acuta
    • precedente trattamento con dosi cumulative massime di doxorubicina, daunorubicina, epirubicina, idarubicina, e/o altre antracicline e antracenedioni (vedere paragrafo 4.4)
    • allattamento
    Controindicazioni per la somministrazione endovescicale
    • tumori invasivi che hanno penetrato la vescica (oltre T1)
    • infezioni delle vie urinarie
    • infiammazione della vescica
    • problemi con la cateterizzazione
    • ematuria
    • allattamento

    Avvertenze speciali e precauzioni di impiego

    Cosa serve sapere prima di prendere Doxorubicina Teva
    Avvertenze generali
    La doxorubicina può essere somministrata soltanto sotto la supervisione di un medico qualificato esperto nella terapia citotossica. Inoltre, i pazienti devono essere monitorati frequentemente e attentamente durante il trattamento.
    Prima di iniziare un trattamento con doxorubicina, i pazienti devono ristabilirsi da tossicità acute derivate da un trattamento citotossico precedente (come stomatite, neutropenia, trombocitopenia e infezioni generalizzate).
    Deve essere eseguito un attento controllo delle possibili complicazioni cliniche, in particolare nei pazienti anziani, nei pazienti con storia di cardiopatia o con soppressione del midollo osseo e nei pazienti che sono stati trattati in precedenza con antracicline o con irradiazione mediastinica.
    Prima o durante il trattamento con doxorubicina, sono consigliati i seguenti esami di monitoraggio (la frequenza di esecuzione di questi esami dipende dalle condizioni generali del paziente, dalla dose e dai medicinali concomitanti assunti):
    • radiografie dei polmoni e del torace ed ECG
    • monitoraggio regolare della funzione cardiaca (LVEF misurata, ad esempio, con ECG, ecocardiogramma e cardioscintigrafia)
    • ispezione della cavità orale e della faringe per verificare la presenza di alterazioni delle mucose
    • analisi del sangue: ematocrito, piastrine, formula leucocitaria, SGPT, SGOT, LDH, bilirubina, acido urico.
    Il paziente deve essere informato della possibile colorazione rossa dell'urina dopo la somministrazione.
    Spesso, la nausea, il vomito e la mucosite sono estremamente gravi e devono essere prevenuti e, se necessario, trattati in modo appropriato.
    La clearance sistemica della doxorubicina è ridotta in pazienti obesi (ossia >130% del peso ideale corporeo – vedere paragrafo 4.2).
    Funzione cardiaca
    La cardiotossicità è un rischio correlato al trattamento con antracicline che può manifestarsi attraverso eventi precoci (ovvero acuti) o tardivi (ovvero ritardati).
    Eventi precoci (ovvero acuti): la cardiotossicità precoce della doxorubicina si manifesta principalmente con tachicardia sinusale e/o alterazioni del tracciato ECG, come alterazioni non specifiche del tratto ST-T. Sono stati inoltre segnalati: tachiaritmie, incluse contrazioni ventricolari premature e tachicardia ventricolare, bradicardia, blocco atrioventricolare e blocco di branca. Tali effetti solitamente non anticipano il successivo manifestarsi di cardiotossicità ritardata, e generalmente non determinano l'interruzione del trattamento con doxorubicina. Tuttavia, una riduzione dell'ampiezza dell'onda QRS e un prolungamento dell'intervallo di tempo sistolico sono considerati maggiormente indicativi di cardiotossicità indotta dalle antracicline. Di regola, una riduzione assoluta ≥10% o al di sotto del 50% nei pazienti con valori iniziali della LVEF nella norma, rappresenta un segno di compromissione della funzione cardiaca. In questi casi, la prosecuzione del trattamento con doxorubicina deve essere attentamente valutata.
    Eventi tardivi (ovvero ritardati): la cardiotossicità tardiva solitamente si manifesta con ritardo nel corso della terapia con doxorubicina o entro i 2-3 mesi successivi alla fine del trattamento, ma eventi tardivi sono stati segnalati anche dopo diversi mesi o anni dalla fine del trattamento. La cardiomiopatia ritardata si manifesta mediante una ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e/o segni e sintomi di scompenso cardiaco congestizio (CHF) quali dispnea, edema polmonare, edema dipendente, cardiomegalia e epatomegalia, oliguria, ascite, versamento pleurico e ritmo di galoppo. Sono stati inoltre segnalati effetti subacuti come pericardite/miocardite. Lo scompenso cardiaco congestizio potenzialmente fatale rappresenta la forma più grave di cardiomiopatia indotta da antracicline e rappresenta la tossicità che limita le dosi cumulative del medicinale.
    La funzione cardiaca deve essere valutata prima di iniziare il trattamento con doxorubicina e deve essere monitorata durante la terapia per minimizzare il rischio di incorrere in una grave compromissione cardiaca. Tale rischio può essere ridotto con un monitoraggio regolare della LVEF durante il trattamento e l'immediata sospensione della terapia con doxorubicina al comparire del primo segno di compromissione della funzionalità cardiaca. I metodi quantitativi appropriati indicati per il controllo regolare della funzionalità cardiaca (valutazione della LVEF) sono il MUGA scan (multi-gated radionuclide angiography) o l'ecocardiografia (ECO). La valutazione della funzionalità cardiaca al basale con ECG e/o MUGA scan o ecocardiografia, è raccomandata soprattutto in pazienti con fattori di rischio correlati a una aumentata cardiotossicità. La valutazione ripetuta della LVEF mediante ecocardiografia o MUGA deve essere effettuata soprattutto con dosi cumulative elevate di antracicline. La tecnica di monitoraggio utilizzata deve essere coerente durante il periodo di follow-up.
    La probabilità di sviluppare scompenso cardiaco congestizio, valutata intorno all'1-2% con una dose cumulativa di 300 mg/m2, aumenta lentamente fino alla dose cumulativa totale di 450-550 mg/m2. Superata tale dose, il rischio di sviluppare scompenso cardiaco congestizio aumenta considerevolmente e si raccomanda pertanto di non superare la dose cumulativa massima di 550 mg/m2.
    I fattori di rischio per la tossicità cardiaca comprendono una malattia cardiovascolare in atto o silente, una radioterapia precedente o concomitante sull'area mediastinica/pericardica, un precedente trattamento con antracicline o antracenedioni e l'uso concomitante di medicinali che sopprimono la contrattilità cardiaca o di medicinali cardiotossici (ad es. il trastuzumab) o un'età superiore ai 70 anni. Le antracicline, compresa la doxorubicina, non devono essere somministrate in associazione ad altri agenti cardiotossici a meno che la funzionalità cardiaca del paziente non venga attentamente monitorata (vedere paragrafo 4.5). I pazienti che assumono antracicline dopo l'interruzione del trattamento con altri agenti cardiotossici, in particolare quelli che hanno una lunga emivita come il trastuzumab, possono essere anche esposti ad un aumentato rischio di comparsa di cardiotossicità. Il trastuzumab ha una emivita riportata variabile. Questa sostanza può persistere nel sistema circolatorio fino a 7 mesi. Pertanto, se possibile, i medici devono evitare una terapia a base di antracicline fino a 7 mesi dopo la fine del trattamento con trastuzumab. Se antracicline vengono usate prima di questo periodo di tempo, si raccomanda di monitorare attentamente la funzionalità cardiaca.
    La funzionalità cardiaca deve essere attentamente monitorata nei pazienti che assumono dosi cumulative elevate e in quelli con fattori di rischio. Tuttavia, la cardiotossicità con doxorubicina può verificarsi con dosi cumulative più basse in presenza o in assenza di fattori di rischio per la tossicità cardiaca.
    I bambini e gli adolescenti, in seguito a somministrazione di doxorubicina, risultano esposti ad un rischio maggiore di comparsa tardiva della cardiotossicità. Le femmine possono essere esposte a un rischio maggiore rispetto ai maschi. Si raccomanda di effettuare periodicamente esami cardiaci per monitorare tale effetto.
    È probabile che la tossicità di doxorubicina e delle altre antracicline o antracenedioni sia additiva.
    Tossicità ematologica
    Doxorubicina può indurre mielosoppressione (vedere paragrafo 4.8). Se è presente una grave mielosoppressione, doxorubicina non può essere utilizzata; è quindi necessaria una riduzione della dose o il posticipo della somministrazione.
    Occorre adottare le precauzioni necessarie ad assicurare che sia possibile trattare in modo rapido ed efficace una grave infezione e/o un grave episodio di emorragia. Le infezioni esistenti devono essere trattate prima di iniziare la terapia con doxorubicina.
    Prima e durante ogni ciclo di terapia con doxorubicina devono essere valutati i profili ematologici, inclusa la conta differenziale dei globuli bianchi (WBC). La tossicità ematologica da doxorubicina si manifesta prevalentemente con leucopenia e/o granulocitopenia (neutropenia) reversibili e dose dipendenti che rappresentano le manifestazioni più comuni di tossicità acuta dose-limitante di questo medicinale. La leucopenia e la neutropenia raggiungono il nadir solitamente tra i 10 ed i 14 giorni successivi alla somministrazione del medicinale; la conta dei globuli bianchi/neutrofili torna generalmente ai livelli normali entro il 21° giorno. Si possono inoltre riscontrare trombocitopenia ed anemia. Le conseguenze cliniche della mielosoppressione grave includono febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragia, ipossia tissutale o decesso.
    Leucemia secondaria
    La leucemia secondaria, con o senza fase preleucemica, è stata riportata in pazienti trattati con antracicline. La leucemia secondaria è più comune quando questi medicinali vengono somministrati in combinazione con agenti antineoplastici che danneggiano il DNA, quando i pazienti sono stati pesantemente pretrattati con farmaci citotossici o quando le dosi di antracicline sono state aumentate. Queste leucemie possono avere un periodo di latenza che varia da 1 a 3 anni.
    Patologie gastrointestinali
    Doxorubicina induce nausea e vomito. Una mucosite/stomatite di solito compare immediatamente dopo l'inizio del trattamento che, se grave, può progredire in pochi giorni ad ulcerazioni delle mucose. Il recupero da questi eventi avversi avviene per la maggior parte dei pazienti entro la terza settimana di terapia.
    È consigliata una profilassi antiemetica.
    Nota: doxorubicina non deve essere utilizzata in presenza di infiammazioni, ulcerazioni o diarrea.
    Funzione epatica
    La principale via di eliminazione di doxorubicina è rappresentata dal sistema epatobiliare. La bilirubina sierica totale deve essere valutata prima e durante il trattamento con doxorubicina. I pazienti con livelli di bilirubina elevati possono avere una clearance del medicinale ridotta associata ad un conseguente aumento della tossicità globale. Si raccomanda di ridurre il dosaggio in questi pazienti (vedere paragrafo 4.2). I pazienti affetti da grave compromissione epatica non devono assumere doxorubicina (vedere paragrafo 4.3).
    Sindrome da lisi tumorale
    Doxorubicina può determinare iperuricemia come conseguenza dell'esteso catabolismo delle purine associato alla rapida lisi delle cellule tumorali indotta dal medicinale (sindrome da lisi tumorale), in caso di elevato aggravio del tumore. In queste circostanze, i livelli ematici di acido urico, potassio, calcio fosfato e creatinina devono essere valutati dopo l'inizio del trattamento. L'idratazione, l'alcalinizzazione delle urine e la profilassi con allopurinolo per prevenire l'uricemia possono minimizzare le potenziali complicanze della sindrome da lisi tumorale.
    Nei pazienti con grave insufficienza renale possono essere necessarie riduzioni della dose (vedere paragrafo 4.2).
    Associazione con altre chemioterapie antitumorali
    La Doxorubicina Cloridrato può potenziare la tossicità di altre chemioterapie antitumorali (vedere paragrafo 4.5). Sono stati riportati casi di esacerbazione della cistite emorragica indotta da ciclofosfamide ed un aumento della tossicità epatica associata alla 6- mercaptopurina. Sono state inoltre riportate altre tossicità indotte da radiazioni (miocardio, mucose, cute e fegato).
    Come con altri agenti citotossici, in concomitanza con l'utilizzo di doxorubicina sono stati riportati casi di tromboflebiti e di fenomeni tromboembolici (in alcuni casi fatale), inclusa l'embolia polmonare (vedere paragrafo 4.8).
    Carcinogenicità, mutagenicità e compromissione della fertilità
    La doxorubicina è risultata genotossica e mutagena nei test in vitro e in vivo. La doxorubicina può causare infertilità durante il periodo di somministrazione del farmaco (vedere paragrafi 4.6 e 5.3).
    Effetti sul sito di iniezione
    L'iniezione in una vena di piccole dimensioni o iniezioni ripetute nella stessa vena possono determinare flebosclerosi. Il rischio di flebiti/tromboflebiti al sito di iniezione può essere minimizzato seguendo la procedura raccomandata per la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
    Stravaso
    Un'errata iniezione perivenosa risulta nella necrosi locale e nella tromboflebite. Una sensazione di bruciore nella regione dell'ago di infusione è indicativa della somministrazione perivenosa.
    In caso di stravaso, l'infusione o iniezione deve essere interrotta immediatamente. L'ago deve essere lasciato in posizione per un breve periodo e quindi rimosso dopo una breve aspirazione.
    In caso di stravaso, iniziare un'infusione endovenosa di dexrazoxano, non oltre 6 ore dopo lo stravaso (consultare il Riassunto delle caratteristiche del prodotto del dexrazoxano per indicazioni sulla somministrazione e per ulteriori informazioni). Se il dexrazoxano è controindicato, si consiglia di applicare dimetilsulfossido (DMSO) 99% localmente su un'area grande il doppio dell'area interessata (4 gocce su 10 cm² di area di superficie cutanea) e ripetere l'operazione tre volte al giorno per almeno 14 giorni. Se necessario, deve essere preso in considerazione lo sbrigliamento. A causa del meccanismo antagonistico, l'area deve essere raffreddata dopo l'applicazione di DMSO (vasocostrizione vs. vasodilatazione) per ridurre il dolore.
    Non utilizzare il DMSO su pazienti che stanno assumendo il dexrazoxano per il trattamento di uno stravaso indotto dalle antracicline.
    Altre misure sono state trattate in modo controverso nella letteratura e non hanno un valore definito.
    Vaccini
    I vaccini non sono consigliati (vedere paragrafo 4.5).
    La somministrazione di vaccini vivi o vivi attenuati in pazienti immunocompromessi da agenti chemioterapici inclusa la doxorubicina, può determinare infezioni gravi o fatali. La vaccinazione con un vaccino vivo deve essere evitata nei pazienti che assumono doxorubicina. I vaccini uccisi o inattivati possono essere somministrati; tuttavia, la risposta a tali vaccini potrebbe essere ridotta. Durante il trattamento con doxorubicina cloridrato, i pazienti devono evitare il contatto con persone che abbiano subito di recente la vaccinazione contro la poliomielite.
    Somministrazione intravescicale
    La somministrazione intravescicale della doxorubicina può causare sintomi di cistite chimica (ovvero disuria, minzione frequente, nocturia, stranguria, ematuria, necrosi della parete della vescica). Un'attenzione particolare è richiesta in caso di problemi correlati al catetere (ossia ostruzione uretrale causata dal raggiungimento del tumore intravescicale). La somministrazione intravescicale è controindicata per tumori che hanno penetrato la vescica (oltre T1).
    Eccipienti
    Sodio
    Questo medicinale contiene 18 mg di sodio per flaconcino da 5 ml, equivalente a 0,9% dell'assunzione massima giornaliera raccomandata dall'OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.
    Questo medicinale contiene 35 mg di sodio per flaconcino da 10 ml, equivalente a 1,8% dell'assunzione massima giornaliera raccomandata dall'OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.
    Questo medicinale contiene 89 mg di sodio per flaconcino da 25 ml, equivalente a 4,4% dell'assunzione massima giornaliera raccomandata dall'OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.
    Questo medicinale contiene 354 mg di sodio per flaconcino da 100 ml, equivalente a 17,7% dell'assunzione massima giornaliera raccomandata dall'OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.

    Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione

    Quali farmaci o alimenti possono modificare l'effetto di Doxorubicina Teva
    La doxorubicina è un importante substrato del citocromo P450 CYP3A4 e CYP2D6 e della glicoproteina P (P-gp). Sono state riportate delle interazioni clinicamente significative con gli inibitori del CYP3A4, del CYP2D6, e/o della P-gp (come il verapamil), che hanno determinato un aumento della concentrazione e dell'effetto clinico della doxorubicina. Al contrario, gli induttori del CYP3A4 (ad es. rifampicina, fenobarbital, fenitoina, erba di San Giovanni) e della P-gp possono ridurre i livelli plasmatici di doxorubicina e possono quindi portare a una diminuzione dell'efficacia.
    La doxorubicina cloridrato utilizzata in associazione alla ciclosporina può richiedere un aggiustamento della dose. In caso di somministrazione concomitante di ciclosporina, la clearance della doxorubicina si riduce del 50% circa. L'AUC di doxorubicina aumenta del 55% e l'AUC di doxorubicinolo aumenta del 350%. Con questa associazione, si consiglia una riduzione del 40% della dose di doxorubicina. Analogamente al verapamil, la ciclosporina inibisce sia il CYP3A4 che la P-glicoproteina, il che può spiegare l'interazione e il conseguente aumento degli effetti avversi.
    Dati di letteratura suggeriscono che l'aggiunta della ciclosporina alla doxorubicina causa una tossicità ematologica più intensa e prolungata rispetto a quella osservata con la sola doxorubicina. Sono stati inoltre descritti coma e crisi convulsive associati a somministrazione concomitante di ciclosporina e doxorubicina.
    È stato dimostrato che anche la cimetidina riduce la clearance plasmatica e aumenta l'AUC di doxorubicina.
    La doxorubicina è usata principalmente in combinazione con altri medicinali citotossici. Tossicità aggiuntiva potrebbe presentarsi in particolare con effetti sul midollo osseo/ematologici e gastrointestinali (vedere paragrafo 4.4). L'utilizzo di doxorubicina in chemioterapia in combinazione con altri medicinali potenzialmente cardiotossici (come 5-fluorouracile, ciclofosfamide o paclitaxel), così come l'utilizzo concomitante di altri composti cardioattivi (come inibitori del canale del calcio), richiedono il monitoraggio della funzione cardiaca durante tutto il trattamento.
    Il paclitaxel può causare l'aumento delle concentrazioni plasmatiche di doxorubicina e/o dei suoi metaboliti, quando viene somministrato prima della doxorubicina. Alcuni risultati indicano un incremento più lieve quando la doxorubicina è somministrata precedentemente al paclitaxel.
    L'uso di trastuzumab in associazione alle antracicline (come doxorubicina) è associato a un rischio cardiotossico elevato. Attualmente, trastuzumab e anticicline non possono essere utilizzati in combinazione, tranne che in studi clinici controllati attraverso la misurazione dell'attività cardiaca (vedere paragrafo 4.4).
    Il (pre-)trattamento con farmaci che incidono sulla funzionalità del midollo osseo (ad es. agenti citostatici, sulfonamidi, cloramfenicolo, fenitoina, derivati dell'amidopirina, farmaci antiretrovirali) può determinare gravi disturbi ematopoietici. Se necessario, deve essere modificata la dose di doxorubicina. Gli effetti tossici della terapia con doxorubicina possono aumentare in associazione ad altri agenti citostatici (ad es. citarabina, cisplatino, ciclofosfamide). Nelle terapie in combinazione con citarabina sono state riportate necrosi dell'intestino crasso con massive emorragie e infezioni gravi.
    L'epatotossicità della doxorubicina può essere potenziata da altre modalità di trattamento epatotossiche (ad es. la 6-mercaptopurina).
    La doxorubicina è un potente agente radiosensibilizzante e può indurre fenomeni di recall, anche con esito fatale. Ogni ciclo di radioterapia precedente, concomitante o successivo può aumentare la cardiotossicità o l'epatotossicità della doxorubicina.
    La terapia con doxorubicina può determinare un aumento dell'acido urico nel siero, pertanto può rendersi necessario l'aggiustamento della dose degli agenti somministrati per ridurre l'acido urico.
    La doxorubicina può ridurre la biodisponibilità orale della digossina.
    L'assorbimento dei farmaci antiepilettici (ad es. carbamazepina, fenitoina, valproato) diminuisce dopo l'uso concomitante di doxorubicina cloridrato.
    Durante il trattamento con doxorubicina cloridrato, i pazienti non devono essere sottoposti a vaccini attivi e devono evitare il contatto con persone che abbiano subito di recente la vaccinazione contro la poliomielite.
    La doxorubicina si lega all'eparina e al 5-fluorouracile. Sono quindi possibili precipitazioni e perdita di azione di entrambe le sostanze. Vedere il paragrafo 6.3 per ulteriori informazioni.
    In uno studio clinico, sono stati osservati sia aumenti (21% e 47%) che nessuna modifica dell'AUC di doxorubicina, durante il trattamento con sorafenib 400 mg due volte al giorno. Il significato clinico di questi risultati non è noto.


    Interazioni riportate su letteratura scientifica internazionale
    Prima di prendere "Doxorubicina Teva" insieme ad altri farmaci come “BCG-Medac”, “Fluenz Tetra”, “Herceptin - Fiale Flaconcini Fialoidi”, “Herceptin - Polvere”, “Herzuma”, “Kanjinti”, “M-M-Rvaxpro”, “Ogivri”, “Oncotice”, “Ontruzant”, “Phesgo”, “Priorix Tetra”, “Priorix”, “Proquad”, “Qdenga”, “Rotarix”, “Rotateq”, “Stamaril”, “Trazimera”, “Varilrix”, “Varivax”, “Vaxchora”, “Zercepac”, “Zostavax”, etc.., chiedi al tuo al tuo medico o farmacista di fiducia di verificare che sia sicuro e non dannoso per la tua salute ...

    Fertilità, gravidanza e allattamento

    Fertilità
    Nelle donne, la doxorubicina può causare l'infertilità durante il periodo di somministrazione del farmaco. La doxorubicina può causare l'amenorrea. Sembra che l'ovulazione e la mestruazione ricompaiano al termine della terapia, sebbene si possa verificare una menopausa prematura.
    Agli uomini trattati con doxorubicina viene consigliato di non concepire un figlio durante il trattamento e per i 6 mesi successivi e devono informarsi in merito alla crioconservazione (o criopreservazione) dello sperma prima del trattamento, a causa della possibilità di infertilità irreversibile dovuta alla terapia con doxorubicina.
    La doxorubicina è mutagena e può indurre un danneggiamento cromosomico negli spermatozoi umani. L'oligospermia o l'azoospermia possono essere permanenti; tuttavia, è stato riportato il ritorno a livelli normospermici in alcuni casi. Ciò può accadere diversi anni dopo la conclusione della terapia. Gli uomini sottoposti al trattamento con doxorubicina devono adottare metodi contraccettivi efficaci.
    Gravidanza
    La doxorubicina non deve essere somministrata durante la gravidanza. In generale, gli agenti citostatici possono essere somministrati in gravidanza soltanto su stretta indicazione e dopo aver valutato il beneficio per la madre rispetto ai possibili rischi per il feto. Negli studi sugli animali, la doxorubicina ha mostrato effetti embriotossici, fetotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3).
    Gli uomini e le donne devono adottare metodi contraccettivi efficaci durante il trattamento e nei 6 mesi successivi.
    Le donne non devono iniziare una gravidanza durante il trattamento e nei 6 mesi successivi.
    Allattamento
    È stato riportato che la doxorubicina viene secreta nel latte materno umano. Non è possibile escludere rischi per il bambino allattato. Poiché l'uso di doxorubicina durante l'allattamento è controindicato, è opportuno interrompere l'allattamento durante il trattamento con doxorubicina (vedere paragrafo 4.3).

    Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari

    Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari. Tuttavia, data la frequenza di nausea e vomito, i pazienti devono essere avvisati che è opportuno evitare di guidare veicoli e utilizzare macchinari.

    Effetti indesiderati

    Quali sono gli effetti collaterali di Doxorubicina Teva
    Il trattamento con doxorubicina causa spesso effetti indesiderati, alcuni dei quali sono di gravità tale da richiedere un attento monitoraggio del paziente. La frequenza e il tipo di effetti indesiderati sono influenzati dalla velocità di somministrazione e dalla dose. La soppressione del midollo osseo è un effetto avverso acuto limitante la dose, ma è generalmente transitoria. Le conseguenze cliniche della tossicità ematologica a carico del midollo osseo provocata da doxorubicina possono includere febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragie, ipossia tissutale o decesso. Nella quasi totalità dei pazienti si osservano nausea, vomito e alopecia.
    La somministrazione endovescicale può causare le seguenti reazioni avverse: ematuria, irritazione vescicale e uretrale, stranguria e pollachiuria. Queste reazioni hanno generalmente gravità moderata e breve durata.
    La somministrazione endovescicale di doxorubicina può talvolta causare la cistite emorragica, che può provocare una diminuzione della capacità della vescica.
    Lo stravaso può condurre a grave cellulite, vescicazione, tromboflebiti, linfangite e necrosi tissutale locale che può richiedere misure chirurgiche (inclusi innesti cutanei).
    Le reazioni avverse sono elencate di seguito, in base alla classificazione per sistemi e per organi e frequenza assoluta (tutti gli eventi segnalati). Le frequenze sono definite come segue: molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
    Infezioni e infestazioni
    Molto comuni: Infezione.
    Comuni: Sepsi/setticemia.
    Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
    Non comuni: Leucemia linfocitica acuta.
    Leucemia mieloide acuta.
    Leucemia secondaria (talvolta) con o senza fase preleucemica è stata osservata in pazienti che erano stati trattati con antracicline (inclusa la doxorubicina). La leucemia secondaria insorge con maggiore frequenza se il farmaco viene somministrato in associazione ad agenti citostatici alteranti il DNA (vedere paragrafo 4.4).
    Patologie del sistema emolinfopoietico
    Molto comuni: Mielosoppressione incluse leucopenia, neutropenia, trombocitopenia, anemia.
    La mielosoppressione è uno degli effetti indesiderati limitanti la dose e può essere seria. Si manifesta principalmente con il calo della conta leucocitaria. La leucopenia è stata osservata in almeno il 75% dei pazienti con una riserva di midollo osseo adeguata che erano stati trattati con 60 mg/m2 della BSA ogni 21 giorni. Seppure con minore frequenza, sono state segnalate anche trombocitopenia, neutropenia e anemia. Sono state osservate anche superinfezioni (molto frequenti) ed emorragia correlate alla comparsa di soppressione del midollo osseo. La mielosoppressione culmina generalmente 10-14 giorni dopo la somministrazione di doxorubicina e nella maggior parte dei casi recede tra il ventunesimo e il ventottesimo giorno. Nello stesso periodo può comparire trombocitopenia o anemia, ma generalmente di minore gravità (vedere paragrafo 4.4).
    Disturbi del sistema immunitario
    Rari: Reazioni anafilattiche.
    Patologie endocrine
    Molto rari: Vampate di calore.
    Disturbi del metabolismo e della nutrizione
    Molto comuni: Diminuzione dell'appetito.
    Molto rari: Iperuricemia.
    Patologie dell'occhio
    Comune: Congiuntivite.
    Frequenza non nota: Cheratite, aumento della lacrimazione.
    Patologie cardiache
    Molto comuni: Cardiotossicità.
    Comuni: Cardiomiopatia congestizia (dilatativa) potenzialmente fatale (dopo una dose cumulativa di 550 mg/m2).
    Tachicardia sinusale, tachicardia ventricolare, tachiaritmia, extrasistole ventricolare e sopraventricolare, bradicardia, aritmia.
    Riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra.
    Molto rari: Alterazioni aspecifiche del tracciato dell'ECG (variazioni del tratto ST, basso voltaggio, intervalli QT prolungati). Casi isolati di aritmie potenzialmente fatali, insufficienza ventricolare sinistra acuta, pericardite, sindrome della pericardite-miocardite fatale.
    Blocco atrioventricolare, blocco di branca.
    La doxorubicina è cardiotossica. Il rischio che si manifestino effetti indesiderati cardiotossici è elevato durante e dopo la radioterapia nella regione mediastinica, dopo un pre-trattamento con agenti potenzialmente cardiotossici (ad es. antracicline, ciclofosfamide) e nei pazienti anziani (di età superiore a 70 anni) e nei pazienti con ipertensione arteriosa evidente (vedere paragrafo 4.4).
    L'effetto cardiotossico della doxorubicina si può manifestare in due tipologie:
    Tipo acuto
    Gli effetti indesiderati di tipo acuto si verificano nella maggior parte dei casi entro le prime 24-48 ore successive all'inizio della terapia, non sono dipendenti dalla dose e sono caratterizzati dai seguenti sintomi: aritmia transitoria (frequente), tachicardia soprattutto sinusale (frequente) ed extrasistole ventricolari e sopraventricolari. Sono caratterizzati (molto raramente) da alterazioni aspecifiche del tracciato dell'ECG (variazioni del tratto ST, basso voltaggio e intervalli QT prolungati).
    Queste alterazioni sono generalmente reversibili e la loro comparsa non costituisce una controindicazione all'uso ripetuto di doxorubicina. Tuttavia, possono insorgere aritmie potenzialmente fatali durante o qualche ora dopo l'uso di doxorubicina; in casi isolati, sono state segnalate insufficienza ventricolare sinistra acuta, pericardite o sindrome della pericardite-miocardite fatale.
    Tipo ritardato
    Gli effetti indesiderati di tipo ritardato sono manifestazioni di tossicità organica dipendenti dalla dose cumulativa, generalmente irreversibili e spesso con potenziale esito fatale. Spesso si manifestano come una cardiopatia congestizia (dilatativa) con segni di insufficienza ventricolare sinistra entro qualche mese dalla conclusione della terapia. Tuttavia, la cardiotossicità può manifestarsi per la prima volta anche diversi anni dopo la conclusione della terapia; l'incidenza aumenta in funzione della dose cumulativa (vedere paragrafo 4.4).
    Patologie vascolari
    Comuni: Emorragia.
    Non comuni: Tromboembolia.
    Frequenza non nota: Shock.
    Tromboflebite.
    Flebite.
    Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
    Frequenza non nota: Broncospasmo.
    Patologie gastrointestinali
    Molto comuni: Disturbi gastrointestinali.
    Diarrea.
    Nausea e vomito.
    Mucosite, stomatite, esofagite, colite.
    Comuni: Dolori addominali.
    Non comuni: Emorragia gastrointestinale.
    Necrosi dell'intestino crasso con grave emorragia e gravi infezioni in combinazione con terapie con citarabina.
    Molto rari: Erosioni/ulcere gastrointestinali.
    Ulcerazione delle membrane mucose (bocca, faringe, esofago, tratto gastrointestinale).
    Iperpigmentazione della membrana mucosa orale.
    Il potenziale emetico della doxorubicina è elevato; nausea e vomito relativamente gravi si verificano nell'80% circa dei pazienti il primo giorno di terapia, ma anche successivamente, quando non viene fornito un trattamento profilattico (vedere paragrafo 4.4).
    Patologie epatobiliari
    Frequenza non nota: Epatotossicità (talvolta con progressione in cirrosi).
    Aumento temporaneo degli enzimi epatici.
    Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
    Molto comuni: Alopecia (dose-dipendente e nella maggior parte dei casi reversibile).
    Arrossamento.
    Fotosensibilizzazione.
    Sindrome eritrodisestesia palmo-plantare.
    Comuni: Reazioni di ipersensibilità locali nel campo delle radiazioni (“reazione di recall da radiazione”).
    Prurito.
    Orticaria.
    Eruzione cutanea (esantema).
    Iperpigmentazione di pelle e unghie.
    Rari: Onicolisi.
    Stravaso (che può causare grave cellulite, vescicazione, tromboflebite,
    linfangite e necrosi tissutale locale).
    Molto rari: Eritemi acrali.
    Formazione di vescicole.
    Frequenza non nota: Cheratosi actinica.
    Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
    Frequenza non nota: Artralgia.
    Patologie renali e urinarie
    Molto comuni: Colorazione di rosso dell'urina.
    Comuni: Disuria.
    Cistite chimica successiva alla somministrazione endovescicale (con disturbi disurici, quali irritazione vescicale, irritazione uretrale, disuria, stranguria, pollachiuria, ematuria, spasmi vescicolari, cistite emorragica).
    Molto rari: Insufficienza renale acuta (casi isolati).
    Iperuricemia e successiva nefropatia da acido urico a seguito della forte lisi tumorale.
    Patologie dell'apparato riproduttivo e della mammella
    Molto rare: Amenorrea.
    Oligospermia.
    Azoospermia
    Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
    Molto comuni: Piressia.
    Astenia.
    Brividi.
    Non comuni: Disidratazione.
    Rari: Capogiri.
    Reazioni nel sito di iniezione (reazioni eritematose locali lungo la vena, dolore, flebite, flebosclerosi).
    Frequenza non nota: Malessere.
    Esami diagnostici
    Molto comuni: Frazione di eiezione ridotta, elettrocardiogramma anormale, transaminasi anormali, peso aumentato (riportato in pazienti con carcinoma mammario iniziale trattati con terapia adiuvante a base di doxorubicina (studio NSABP B-15)).
    Procedure mediche e chirurgiche
    Frequenza non nota: Il danneggiamento dovuto alle radiazioni (cute, polmoni, esofago, mucosa gastrointestinale, cuore) in fase di guarigione può ricomparire dopo la somministrazione di doxorubicina.
    Segnalazione delle reazioni avverse sospette
    La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l'autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo: www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

    Sovradosaggio

    Cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Doxorubicina Teva
    Un sovradosaggio acuto di doxorubicina può provocare una mielosoppressione (soprattutto leucopenia e trombocitopenia), solitamente 10-14 giorni dopo il sovradosaggio, effetti tossici gastrointestinali (soprattutto mucositi) e alterazioni cardiache acute, che possono avvenire entro 24 ore. Il trattamento include antibiotici per via endovenosa, trasfusione di granulociti e trombociti ed il trattamento di sintomi gastrointestinali ed effetti cardiaci. Devono essere considerati lo spostamento del paziente in una stanza sterile e l'utilizzo di fattori di crescita emopoietici.
    Dosi singole da 250 mg e 500 mg di doxorubicina sono risultate fatali.
    Un sovradosaggio cronico con una dose cumulativa superiore a 550 mg/m2 aumenta il rischio di sviluppare una cardiomiopatia e potrebbe condurre a insufficienza cardiaca, che deve essere trattata con terapie convenzionali.
    Un'insufficienza cardiaca ritardata potrebbe verificarsi fino a sei mesi dopo il sovraddosaggio.
    La terapia di emodialisi è probabilmente inutile nei casi di intossicazione con doxorubicina poiché doxorubicina ha un volume di distribuzione molto elevato e solo il 5% della dose viene eliminato dai reni.

    Scadenza

    Prima dell'apertura
    24 mesi
    Dopo la prima apertura
    Utilizzare immediatamente dopo la prima apertura.
    Dopo la diluizione
    La stabilità chimica e fisica in uso dopo la diluizione a una concentrazione di 0,5 mg/ml in sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) soluzione per infusione o in glucosio 50 mg/ml (5%) soluzione per infusione è stata dimostrata per 7 giorni al riparo dalla luce a temperatura ambiente e a 2-8°C.
    La stabilità chimica e fisica in uso dopo la diluizione a una concentrazione di 0,05 mg/ml in sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) soluzione per infusione o in glucosio 50 mg/ml (5%) soluzione per infusione è stata dimostrata per 2 giorni al riparo dalla luce a temperatura ambiente e a 2-8°C.
    Dal punto di vista microbiologico il medicinale deve essere usato immediatamente. Se non viene usato immediatamente, il periodo di conservazione in uso e le condizioni precedenti all'uso sono responsabilità dell'utilizzatore e normalmente non superano le 24 ore a 2-8°C, a meno che la diluizione non sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.

    Conservazione

    Conservare in frigorifero (2-8°C).
    Non congelare.
    Per le condizioni di conservazione del medicinale diluito, vedere paragrafo 6.3.

    Farmaci Equivalenti

    I farmaci equivalenti di Doxorubicina Teva a base di Doxorubicina Cloridrato sono: Adriblastina - Polvere, Adriblastina - Soluzione (uso Interno), Caelyx, Doxorubicina Accord Healthcare Italia, Doxorubicina Hikma

    Foglietto Illustrativo


    Fonti Ufficiali


    Servizi Avanzati


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